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Reati ambientali: differenze tra inquinamento o disastro ambientale e disastro innominato

di Roberto Fiore, Sonia D’Angiulli e Alessia Perla

In materia di delitti contro l’ambiente, la giurisprudenza si è interrogata spesso su punti di contatto e differenze tra il reato di inquinamento o quello di disastro ambientale e il cosiddetto disastro innominato, alla luce della legge n. 68 del 2015.

La riforma, infatti, ha rappresentato il punto di arrivo di un lungo iter legislativo che ha innovato la materia ambientale attraverso l’introduzione di fattispecie penali maggiormente dissuasive delle condotte lesive dell’ambiente in ossequio a quanto disposto dalla direttiva 2008/99/CE.

​In particolare, si è caratterizzata per l’introduzione dei tanto attesi reati di inquinamento ambientale (art. 452 bis c.p.) e di disastro ambientale (art. 452 quater c.p.) che sanzionano penalmente condotte attive o omissive che abbiano danneggiato, in progressione criminosa, l’ambiente, così arginando il fenomeno di indebita sostituzione dei giudici al Legislatore mediante la riconduzione delle suddette ipotesi nell’alveo dell’art. 434 c.p. (disastro innominato), derivante dall’assenza di espresse previsioni normative in materia ambientale.

​​Di recente due pronunce della Cassazione hanno ribadito le differenze intercorrenti tra le ipotesi di inquinamento e disastro ambientale ed il c.d. disastro innominato:

  1. ​La prima delle pronunce, la sentenza n. 29901 del 18 giugno 2018 si concentra, sulla fattispecie di meno agevole lettura prevista dall’art. 452 quater del codice penale, nonché l’unica riconducibile almeno in astratto all’art. 434 del codice penale, rispetto al quale si pone in rapporto di sostanziale specialità.

Si tratta di quella prevista al n. 3 della disposizione citata che, ancorché non produttiva di uno degli effetti ivi indicati:

  1. a) alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema;
  2. b) alterazione dell’equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali e che può determinare un’offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza del fatto per l’estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pericolo. ​

Benché entrambe le citate fattispecie facciano riferimento al pericolo per la pubblica incolumità derivante dalla condotta del soggetto agente, il discrimen tra le due è individuato dalla Corte nel differente bene giuridico oggetto della tutela penale, nel senso che i comportamenti di cui al n. 3) dell’art. 452 quater del codice penale presuppongono comunque una incidenza sull’ambiente rispetto ai quali il pericolo per la pubblica incolumità rappresenta una diretta conseguenza, laddove l’art. 434 del codice penale fa esclusivo riferimento ad eventi tali da porre in pericolo la vita e l’integrità fisica delle persone.

  1. La sentenza n. 40718 del 13 settembre 2018, invece, si concentra sulla differenza intercorrente tra l’ipotesi di inquinamento ambientale prevista dall’art. 452 bis del codice penale e l’art. 434 dello stesso. ​Essa è individuata dalla Corte nella natura dei due reati.

Invero, mentre l’art. 434 del codice penale è reato di pericolo per la cui sussistenza non è necessaria la verificazione dell’evento che, ove esistente, determina un aggravamento di pena; il delitto previsto e punito dall’art. 452 bis del codice penale è un reato di danno la cui sussistenza, invece, richiede necessariamente la verificazione dell’evento e, quindi, la compromissione o il deterioramento significativi e misurabili delle matrici ambientali specificate dalla norma.

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