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Regolamento End of Waste Rifiuti inerti 

Il 4 novembre 2022 è entrato in vigore il decreto 27 settembre 2022, numero 152 che disciplina la cessazione della qualifica di rifiuto (End of Waste) di:  

  • rifiuti inerti da costruzione e demolizione (articolo 2, comma 1, lettera a) e  
  • altri rifiuti inerti di origine minerale (articolo 2, comma 1, lettera b). 

Il decreto in esame ha inteso porre fine al fenomeno che vede la collocazione di una massa considerevole di rifiuti al di fuori dei fisiologici meccanismi di gestione dei rifiuti (cfr. anche parere del Consiglio di Stato sullo schema di regolamento spedito il 17 maggio 2022). 

L’astratta centralità del provvedimento ministeriale può apprezzarsi soprattutto nel panorama attuale, ove negli ultimi anni l’aumento degli incentivi pubblici per la ristrutturazione e l’efficientamento energetico degli edifici (come, a esempio, il Superbonus 110% e i vari bonus edilizi) ha generato una crescita smisurata delle attività edilizie in Italia.  

Tuttavia, il decreto non risulta immune dalle critiche sollevate dagli operatori del settore e, proprio in ragione delle specificità della disciplina e delle relative implicazioni su grandi, piccole e medie imprese, l’articolo 7 prevede la possibilità di rimaneggiare i criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto dei rifiuti elencati nell’articolo 2, comma 1, lettere a) e b) a valle degli esiti del “monitoraggio” sulla applicazione del corpo normativo.  

Deve rammentarsi che, in base alla disciplina generale dell’End of Waste, di cui si rinvengono le coordinate all’interno dell’articolo 184 ter del Codice dell’Ambiente, un rifiuto cessa di essere tale dopo essere stato sottoposto a un’operazione di recupero e solo qualora soddisfi tutte le condizioni previste dalla norma richiamata.  

In continuità a tale disciplina, il nuovo corpo normativo detta i criteri sulla base dei quali i rifiuti di cui alle lettere a) e b) dell’articolo 2 cessano di essere rifiuti ai sensi del richiamato art. 184 ter, oltre a specificare che i rifiuti ammessi alla produzione di aggregati recuperati provengono in via preferenziale da manufatti sottoposti a demolizione selettiva 

Tra le prime critiche, vi è proprio quella che rileva la mancanza di una definizione di “demolizione selettiva”, che definisca in maniera precisa i contorni dell’operazione.  

Poco chiaro il testo normativo anche con riguardo alle modalità operative del “canale preferenziale” previsto dal secondo periodo del comma 1 dell’articolo 1, che rischia di rimanere lettera morta.  

Infatti, la preferenza attribuita ai rifiuti provenienti da demolizione selettiva in fase di accettazione implicherebbe che il “recuperatore”, in quel momento, abbia di fronte più conferitori di rifiuti inerti da demolizione e che, non potendo procedere a un’accettazione simultanea degli stessi, attribuisca preferenza a quelli che provengono da demolizione selettiva.  

Facilmente superabili, invece, i dubbi emersi sul mancato richiamo, nel comma 2 dell’articolo 1 del Regolamento, del comma 3, primo periodo, dell’art. 184 ter del Codice dell’Ambiente che, essendo fonte di rango superiore a quella regolamentare, consente che le operazioni di recupero sui rifiuti non riportati nella Tabella 1 dell’Allegato 1 al citato Regolamento possano continuare a essere autorizzati in via semplificata.  

Tra i rifiuti ammessi alla produzione di aggregato recuperato, nella richiamata Tabella si annoverano: 

  1. rifiuti inerti originati dalle attività di costruzione e demolizione (appartenenti al Capitolo 17 dell’elenco europeo dei rifiuti); 
  2. altri rifiuti inerti di origine minerale (non appartenenti al Capitolo 17 dell’elenco europeo dei rifiuti);  

mentre non sono ammessi  i rifiuti inerti da costruzione e demolizione che, pur recando i codici indicati dalla Tabella 1, sono stati abbandonati o sotterrati 

Non imprevedibili le critiche derivate a tale previsione, stante l’ampia diffusione in Italia del fenomeno dell’abbandono di rifiuti inerti.  

Analoghe  perplessità erano già emerse anche nel parere reso dal Consiglio di Stato sullo schema di regolamento spedito il 17 maggio 2022 (parere n. 851), secondo cui “L’esclusione di tutti i rifiuti inerti di demolizione/costruzione abbandonati e interrati, trattandosi, purtroppo, di un fenomeno molto diffuso, sembrerebbe imporre l’avvio in discarica di queste notevoli masse di materiali, che verrebbero in tal modo sottratte a ogni possibile processo di selezione e controllo per l’eventuale re-immissione in ciclo di frazioni recuperabili”. 

Sul punto, come riportato nel menzionato parere, il Ministero ha avuto modo di affermare che “con riguardo alle tipologie di rifiuti escluse, gli operatori potranno continuare a ricevere tali rifiuti facendosi autorizzare caso per caso dagli enti territorialmente competenti”. Secondo il Consiglio di Stato, sarebbe stato necessario precisare tale affermazione e tradurla in una specifica previsione da inserire nel Regolamento. 

Numerose altre perplessità emergono relativamente alle ultime disposizioni del decreto che riguardano: 

  • i criteri sottesi alla cessazione della qualifica di rifiuto (articolo 3, Allegato 1); 
  • gli scopi specifici per i quali può essere utilizzato l’aggregato recuperato (articolo 4, Allegato 2); 
  • la dichiarazione di conformità e la modalità di detenzione dei campioni (articolo 5); 
  • il sistema di gestione della qualità secondo la norma Uni En Iso 9001 certificato da un’organizzazione accreditata (articolo 6); 
  • il monitoraggio (articolo 7); 
  • le norme transitorie e finali (articolo 8). 

Tali perplessità investono l’articolo 4, nella misura in cui alla elencazione puntuale delle tipologie di utilizzi ammissibili dell’aggregato recuperato, non corrisponde la previsione di una sanzione in caso di violazione degli stessi. Infatti, in caso di utilizzo difforme dell’aggregato recuperato, l’operatore potrebbe rischiare una possibile imputazione per gestione non autorizzata di rifiuti (articolo 256 Codice dell’Ambiente), quale conseguenza di un’interpretazione eccessivamente rigorosa.  

Ulteriori perplessità investono l’articolo 5, che inerisce alla documentazione che il produttore di aggregato recuperato ha l’obbligo di redigere e conservare ai fini della prova della sussistenza dei criteri di cui all’articolo 3.  

Le incertezze degli operatori del settore riguardano tempi e condizioni relativi sia all’invio della dichiarazione di conformità all’autorità competente sia alla conservazione documentale, termini compiutamente individuati solo per la conservazione dei campioni.  

Per agevolare l’adeguamento alle nuove disposizioni, l’articolo 8 ha previsto un periodo transitorio di 180 giorni (a partire dal 4 novembre 2022) entro il quale i gestori devono richiedere l’aggiornamento della propria autorizzazione, pena la possibile sospensione dell’attività.  

Ciò nonostante la richiamata previsione dell’articolo 7 che, nello stesso arco temporale, consente al Ministero il “rimaneggiamento” dei criteri dettati nel Regolamento a valle dei dati di monitoraggio relativi alla sua attuazione.  

In altri termini, quello che si rischia è che il primo aggiornamento imposto dall’articolo 8 possa sovrapporsi al successivo ed eventuale aggiornamento derivante dal monitoraggio previsto dal richiamato articolo 7.  

In ogni caso, già in fase di prima applicazione, su interpello proposto dalla Città Metropolitana di Milano, il MITE ha precisato che il Regolamento non si applica alle terre e rocce da scavo con codice 17.05.04 laddove siano provenienti da siti contaminati oggetto di procedimento di bonifica.  

A tali rifiuti, benché ricompresi in un codice contenuto nella citata Tabella 1 dell’Allegato 1 al Regolamento, non si estende l’ambito di applicazione del citato decreto ministeriale, non essendo originati da attività di costruzione e demolizione.  

Rispetto a tali situazioni, pertanto, saranno necessarie le “autorizzazioni end of waste” caso per caso.  


 a cura della Dott.ssa Sophie Aceto 

 

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